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È una pagina commovente e inedita della storia della musica, che testimonia la straordinaria vena artistica femminile in un campo, quello della composizione musicale, in cui le donne sono praticamente assenti, mettendo al centro la sofferenza di donne di diverse religioni e di diverse provenienze geografiche e sociali. In un mondo in cui stanno rinascendo razzismi, maschilismi e paura del diverso è importante dare voce ai valori di umanità, accoglienza, amore ed empatia che contraddistinguono l’universo femminile. Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese, ideatrici e organizzatrici dello spettacolo.

La musica è da sempre, nella millenaria storia ebraica, un linguaggio di espressione e comunicazione, attraverso il quale si sono recitate preghiere collettive e personali, innalzati inni e lamentazioni, lodi per i miracoli, suppliche per le vicende strazianti e dolorose. Abbinando voce e strumenti, specialmente quando sono le donne, le madri ad esprimersi, ci si immerge in un canto universale pur esprimendosi, ciascuna, nella propria lingua identitaria. Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

La musica scritta in lager e gulag è positiva in quanto esalta la vita, annichilisce persino le ideologie totalitarie e rende uno dei più grandi omaggi all’ingegno umano. Le donne musiciste, persino di fronte all’ineluttabile, crearono poesia e musica su patria perduta, figli e mariti lontani, resistenza al nemico, senza mai rinunciare a gusto, fantasia e senso dell’umore; nella loro musica il dolore si fa colore. Ci sono donne deportate che dopo la Guerra si affermarono, ma per centinaia di altre donne, ci vorranno anni perché sia loro restituito un giusto riconoscimento artistico. Il lavoro della Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria di Barletta ha come obiettivo di proporre una visione unificata dell’arte sviluppatasi in cattività tra il 1933 (apertura del KZ Dachau) al 1953 (morte di Stalin), ovvero di trasformare le singole testimonianza in Storia. Francesco Lotoro, presidente Fondazione ILMC.

Abbiamo deciso di trasmettere il concerto promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Libero è il mio canto per due motivi che sono nella missione di Rai Cultura e del suo essere servizio pubblico. Il primo è il suo valore fortemente simbolico e legato indissolubilmente alla Giornata della Memoria ed il secondo è il valore artistico del concerto che racconta la creatività di un mondo femminile troppo a lungo ignorato. Le storie di queste compositrici e la loro musica ci riportano a un orrore che abbiamo il dovere di non dimenticare e di non far dimenticare. È quanto ci impegniamo a fare continuando a raccontarlo, in questo caso anche con la musica e con il suo linguaggio universale. Silvia Calandrelli, direttore Rai Cultura.

Nella storia dell’umanità le oppressioni, le violenze, le stragi hanno sempre trovato nella musica una forte voce antagonista. Riscoprire che questa energia, questa voglia di esprimere rabbia e dolore non sia stata sconfitta nemmeno dalle più atroci pagine della storia restituisce senso al pensiero musicale e speranza in chi in esso confida. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è orgogliosa di testimoniare con la propria presenza il profondo valore civile di questa iniziativa. Michele dall’Ongaro, presidente-sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Libero è il mio canto è una preziosa occasione per celebrare il femminile e io sono orgogliosa di farne parte. In qualunque ambito si esprima, il femminile parla di accoglienza, di empatia, di “sentire”. Parla di istinto, come quello di sopravvivenza, che ha animato le straordinarie autrici delle musiche presentate in questo spettacolo. Avrò l’onore di dar voce a tali donne e ai loro canti: a volte rubati, altre pretesi dagli aguzzini. Sempre attraversati dalla forza disperata di chi non crede più che ci sia qualcuno disposto ad ascoltarloCristina Zavalloni.

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